La strategia comunicativa delle istituzioni culturali sui social media
Lo sviluppo delle tecnologie digitali ha profondamente cambiato non solo la comunicazione di brand e aziende ma anche quella del settore culturale, che ha iniziato a sfruttare le opportunità fornite da questi strumenti per raccontarsi e avvicinarsi agli utenti.
Negli ultimi anni, numerose organizzazioni culturali si sono rivolte a nuovi pubblici, facendo ricorso alle molteplici possibilità offerte dai social media.
È innegabile che i social network siano oggi fondamentali per la promozione di diverse tipologie di business, per questo il loro utilizzo è ormai alla base di ogni strategia di comunicazione, inclusa quella culturale.
Questa consapevolezza ha segnato una svolta epocale non solo nel modo di intendere la cultura, ma in quello di fruirne: con il digitale, infatti, è diventato possibile creare un legame diretto tra utenti e istituzioni, favorendo un rapporto bilaterale, fatto di mutui scambi.
Istituzioni culturali, fondazioni e musei hanno radicalmente cambiato il loro modo di comunicare e, attraverso i social network, hanno instaurato con i fruitori delle relazioni sempre più multimediali ed esperienziali.
Con l’avvento del digitale, infatti, è cambiato il modo in cui gli utenti percepiscono e vivono le esperienze: attualmente le istituzioni culturali sono parte di un contesto di intrattenimento molto ampio e differenziato, regolato da consumatori particolarmente esigenti che non si accontentano più della semplice fruizione passiva, ma ricercano vere e proprie esperienze di significato.
L’esperienza fisica e passiva, tradizionalmente vissuta in luoghi e contesti associati al concetto di “prodotto culturale” – musei, biblioteche, gallerie d’arte - si è tramutata in esperienza virtuale, attiva e dinamica, estensibile nello spazio e nel tempo.
In questo contesto risulta fondamentale la creazione di una fruizione quanto più interattiva possibile, in grado di coinvolgere l’utente in modo proattivo, elevandolo da mero spettatore a co-creatore di un’esperienza unica. Qui entrano in campo le tecnologie 4.0, dai siti web ai social, sino alle installazioni e proiezioni immersive: in tutti questi casi, l’innovazione digitale arricchisce l’esperienza culturale dei target prima, durante e dopo la fruizione, diventando così virtuale e virale.
Questa digitalizzazione della cultura ha comportato un cambiamento del baricentro attorno al quale ruota l’attività di musei, biblioteche e istituzioni culturali: attraverso l’utilizzo dei social, queste realtà sono attualmente in grado di distribuire informazioni e raccontarsi secondo modalità più dirette e coinvolgenti per gli utenti, che possono a loro volta entrare in dialogo con esse e favorire la costruzione di una community virtuale.
La social strategy dei musei: storytelling e dialogo
Tutti i più grandi musei hanno fatto proprie le strategie social per rafforzare e promuovere la loro immagine, raccontando la loro storia e quella delle opere in mostra.
L’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali ha rilevato nella sua indagine annuale, che il 69% dei musei italiani possiede almeno un canale social: il 67% è attivo su Facebook, il 26% ha un profilo Instagram dedicato, mentre il 76% è presente su Tripadvisor.
Una panoramica che mette in luce quanto l’istituzione museale non sia più concepita solo come un “tempio” devoluto alla mera conservazione del patrimonio culturale, ma venga percepito come luogo di fruizione e valorizzazione dello stesso. I canali social dei musei offrono, infatti, la possibilità di vedere da vicino, anche se attraverso lo schermo, opere custodite in tutto il mondo, contribuendo ad annullare ulteriormente le distanze reali e culturali.
Emerge, quindi, una nuova visione del museo: meno conservativa, più dinamica e interattiva, maggiormente orientata all’ascolto del target di riferimento, che diviene allo stesso tempo fruitore e promotore diretto dell’esperienza culturale e artistica.
In linea con questa nuova visione diviene indispensabile l’implementazione di strategie digitali ben definite, coerenti con la mission dell’istituzione e misurabili nei risultati, oltre che integrate fra i diversi canali digitali impiegati dal museo.
Questo nuovo approccio comunicativo ha permesso al mondo museale di attirare l’attenzione di un pubblico più ampio e di creare allo stesso tempo un rapporto diretto tra i professionisti che lavorano all’interno dei musei e i visitatori, offrendo la possibilità di raccogliere maggiori informazioni relative ai target di riferimento e di conseguenza di formulare le programmazioni sulla base delle informazioni raccolte. L’utilizzo dei social media permette, infatti, alle istituzioni culturali di monitorare in modo diretto le preferenze e i gusti del proprio pubblico e conseguentemente offrire loro un servizio personalizzato, che soddisfi il desiderio di vivere e condividere l’esperienza.
Per i musei, dunque, i social rappresentano un mezzo fondamentale per attirare una parte di visitatori, in particolare coloro che altrimenti non si avvicinerebbero a queste istituzioni. Sono un’opportunità relazionale, che consente alle istituzioni non solo di comunicare e promuovere le proprie attività con modalità al passo con i tempi, ma anche di creare una comunità con cui interagire direttamente.
Il MoMa di New York
Il MoMA di New York è uno dei musei più attivi sotto questo punto di vista: con una social strategy accurata e differenziata a seconda dei vari canali, è riuscito ad ottenere un seguito enorme raggiungendo circa 6 milioni di follower tra i suoi profili Facebook, Instagram e Twitter.
È una realtà che ha saputo investire molto sulle risorse digitali a partire dalla propria App o dalla particolare audio guida in dotazione con il biglietto di ingresso. Questi strumenti, oltre a fornire le classiche funzioni di guida alle opere consentono di accedere con pochi click ai cataloghi completi del museo fornendo anche preziose informazioni tecniche sulla realizzazione delle opere.
Non meno importante è la possibilità di condividere direttamente sui social le opere preferite con i propri amici o follower inviando cartoline personalizzate senza dover necessariamente scattare foto ad ogni singola opera.
Il Museo Egizio di Torino
Nel panorama italiano, uno dei musei più attivi sui social è Il Museo Egizio di Torino, prezioso scrigno dell’antica arte e cultura egiziana. Un patrimonio che non poteva restare chiuso nelle teche all’ombra della Mole: dal 2006 il Museo si è infatti dotato di un team di professionisti che utilizzano al meglio i social media per costruire un avvincente storytelling.
Il Museo Egizio ha profili ufficiali attivi su Facebook, Twitter e Instagram, ognuno gestito con strategie diversificate per raggiungere molteplici obiettivi: attrarre nuovi pubblici, far conoscere la collezione e raccontare la vita quotidiana del museo, promuovere gli eventi e le iniziative che vengono organizzate.
Inoltre, l’istituzione si serve del proprio profilo Facebook anche per trasmettere in diretta tutte le conferenze che si tengono nelle sale del museo.
Una comunicazione strategica, che raggiunge un pubblico molto vasto, fatto di persone interessate, di studiosi o anche soltanto di curiosi che vogliono conoscere da vicino l’egittologia.
Il Louvre di Parigi
Anche il museo europeo più famoso al mondo, il Louvre di Parigi, attraverso Instagram racconta ai suoi 3.4 mila followers le collezioni esposte: un profilo popolato di immagini che ritraggono le opere o alcuni particolari delle stesse, arricchite con contenuti in francese e in inglese, che raccontano storie e aneddoti relativi agli autori o alle tecniche di realizzazione.
Utilizzando gli hashtag, gli addetti alla gestione social del Museo individuano anche tematiche di approfondimento specifiche, come #LaModeAuLouvre. Con questo hashtag, infatti, il racconto delle opere condivise sul social network viene contestualizzato nell’epoca storica di appartenenza e si focalizza sull’abbigliamento e sugli accessori indossati dai protagonisti, aggiungendo dettagli legati agli usi e costumi del periodo di produzione.
La lingua italiana spiegata attraverso i social media
Affianco ai musei, sono numerose le realtà educative e le istituzioni culturali che si sono aperte al mondo del web, sperimentando nuovi linguaggi per avvicinarsi agli utenti di ogni generazione.
La finalità è, naturalmente, quella di formare ed informare, ma soprattutto promuovere la cultura e consolidare la propria brand reputation attraverso i social media.
È noto che la lingua è un organismo in continua evoluzione e gli strumenti offerti dal web influiscono e interagiscono con questa rivoluzione linguistica in diversi modi.
Seguendo questa dinamicità del linguaggio, anche le enciclopedie, le case editrici e le grandi istituzioni culturali che si occupano della lingua italiana si sono adeguate al mutamento, abbandonando la loro “torre d’avorio” per approdare al mondo dei social.
Naturalmente, questo processo ha portato non solo ad un adattamento dei contenuti alle caratteristiche delle varie piattaforme digitali, ma anche ai gusti e alle predisposizioni dei target: sui suoi profili social la Treccani spiega l’etimologia delle parole dei testi di musica Indie, l’Accademia della Crusca risponde ai dubbi dei suoi lettori attraverso Facebook, mentre Zanichelli illustra e spiega il significato delle parole su Instagram.
Una strategia che dimostra come sia possibile comunicare con originalità contenuti formativi di livello anche sui social. Certo, occorre che questi contenuti siano declinati secondo modalità appetibili per gli utenti dei social network: non a caso, lo stile della Crusca sui social media mescola autorevolezza e leggerezza, Zanichelli rende pop il concetto di dizionario e l’enciclopedia Treccani si serve dell’attualità – musicale e non – per rendere la cultura invitante e comprensibile anche per il pubblico più giovane.
La cultura passa (anche) dai social
L’avvento delle tecnologie digitali, non ha dunque messo in discussione la natura e la missione delle istituzioni culturali, ma ne ha fortemente condizionato lo sviluppo: le attività che queste istituzioni svolgono sono state ripensate alla luce delle evoluzioni tecnologiche e di comportamento dei potenziali fruitori.
È indubbio che il fruitore del prodotto culturale si stia progressivamente trasformando da consumatore a contributore interattivo: non solo perché può produrre contenuti in modo autonomo, ma anche perché può influenzarli in modo diretto.
La digitalizzazione rende, quindi, la cultura stessa un prodotto più fluido e malleabile rispetto al passato: diviene così possibile arricchire e far evolvere un contenuto culturale attraverso un’interazione continua, che coinvolge autori, utenti ed esperti del settore.